GLI AFFRESCHI
Con il riconoscimento dell'opera di assistenza, discreta e concreta, è facile immaginare il sostegno con lasciti e donazioni di ricche famiglie cittadine, che portarono presto al bisogno di decorare degnamente la sede con una serie di affreschi illustrati.
Gli affreschi sono generalmente ascritti a un autore della bottega di Domenico Ghirlandaio, anche se studi recenti paiono indicare come più probabile, tra le tante ipotesi sollevate, il nome di Francesco d'Antonio, un miniaturista che aveva la propria bottega nel quartiere dei cartolai (addetti alla produzione e vendita di libri), situato proprio dirimpetto, attorno alla Badia. Questa attribuzione è anche suffragata dalla minuziosa resa dei dettagli di oggetti e aspetti della vita comune, tipica di chi lavorava sulle preziose pagine miniate. Un altro nome proposto è quello di Domenico di Giovanni, almeno per nove delle dieci lunette, collaboratore di Ghirlandaio nell'Adorazione dei Magi degli Innocenti e in altre opere.
Le dieci lunette raffigurano le Storie di san Martino (le due accanto all'altare, raffiguranti San Martino che cede il mantello ad un povero e il Sogno di san Martino, emblematiche della funzione assistenziale), le Opere di misericordia e due raffiguranti atti notarili (Inventario e Matrimonio), influenzate sicuramente dalla vicina e potente Arte dei Giudici e Notai, che aveva la propria sede nella vicinissima via del Proconsolo.
Le lunette hanno un grande interesse sociologico e storico, oltre che artistico, perché ritraggono con fedeltà la vita comune della Firenze del Quattrocento: per esempio nella prima a sinistra dopo l'ingresso è raffigurata la Visita agli infermi, dove i buonomini portano un pollo ed un fiasco di vino ad una donna che ha appena partorito; la condizione di (ex) famiglia benestante è rappresentata dal mobilio e dalla presenza di una persona di servitù che prende i doni; inoltre i Buonomini offrono stoffa e filo per vestire il bambino.
Oltre agli affreschi sono presenti un busto di Sant'Antonino sull'altare, attribuito al Verrocchio, e una bella tavola quattrocentesca con una Madonna col Bambino.
Sulla facciata accanto alla porta, un tabernacolo con San Martino che fa l'elemosina ai poveri di Cosimo Ulivelli sovrasta la buca dove si inseriscono le elemosine.
Al giovane santo - che deposta l’armatura riposa su un letto rivestito di una ricca coperta, mentre lo scudiero è assopito ai piedi del giaciglio - appare cristo, attorniato da angeli, con il mezzo mantello donato al mendicante.
Oltre la loggia si apre un paesaggio fluviale dominato da un castello dall’aspetto fiabesco.
Presso il camino siede un altro Buonomo intento a scrivere.
La scena rappresenta la visita a una famiglia bisognosa prima di assegnare gli aiuti sollecitati secondo la prassi - ancora oggi in uso alla Congregazione - di verificare l’effettivo stato di necessità di coloro che domandano sussidi. La presenza anche in questa lunetta, di un procuratore che annota l’attività dei Buonomini, è testimonianza visiva della formazione dell’ archivio.
la scena mostra la fase del matrimonio nella quale i due giovani, di fronte a testimoni, agli amici e ai parenti manifestavano il proprio assenzo alle nozze.
Il padre prende la mano della ragazza e la consegna allo sposo quale legittima consorte.
Mentre il giovane infila l’anello al dito della sposa, riceve da un Buonomo - con gesto segreto - la somma pattuita, mentre un notaio, ma potrebbe trattarsi di un Procurtore registra la donazione.
Lo sposo è vestiti con eleganza e ricercatezza, forse per indicare come l’aiuto concesso permettesse alla fanciulla di unirsi in matrimonio con un esponente di famiglia ricca.
I Procuratori sono intenti a somministrare bevande e cibo ai poveri:
Da un tino un Buonuomo attinge con un boccale del vino per travasarlo nei fiaschi.
Un altro riempie un fiasco che gli sta porgono una donna che ha già ricevuto due pagnotte da altri Buonuomini.
Quello più giovane, senza mantello, potrebbe essere uno degli Aiutanti, istituiti in numero di sei per coadiuvare i didici Procuratori.
Uno sta piegando una pezzati stoffa, mentre un altro prende nota del tessuto elargito e un Aiutante consegna delle vesti a due poveri, un bambinello e un povero artigiano.
Gli abiti aiutano a risalire alla classe sociale delle persone aiutate:
individui un tempo abbienti (l’uomo anziano sulla destra, vestito proprio come un Buonomo e che invece necessita di una sovvenzione) ma anche operai.
Oltre a categorie sociali disparate, sono rappresentate le varie eta della vita, a indicare Un aiuto concesso indistintamente a chi ne avesse bisogno.
un Buonomo porge un rotolo Di fasce e delle coperte, mentre un confratello consegna un pollo e una “metadella” cioè un fiaschetto utilizzato Per il vino liquoroso somministrato alle madri insieme a corroboranti brodi di volatili.
L’ insieme denota povertà, ma con ricordi di agiatezza:
c’è bisogno di cibo e coperte, ma il letto è provvisto di una pedana, Di una spalliera e alla parete è appeso n quadro con la Crocifissione, e il possesso di simili arredi uno era diffuso nel tardo Quattrocento. Forse la donna in primo piano è una balia che - come risulta dalle testimonianze documentarie - veniva pagata dai Buonomini A chi non fosse più in grado di remunerarla.
uno dei due procuratoria destra, restituisce la somma al creditore, che riconsegna un documento, forse la cambiale sottoscritta dal debitore. Un donzello del comune, con una mazza in mano, sta facendo uscire il recluso dal carcere, un edificio caratterizzato dal basso stipite e dalle finestre con grate robuste alle quali si affollano i detenuti.
I pellegrini sono riconoscibili dal bordone e dai cappelli con le insegne di pellegrinaggio:
le chiavi Incrociate di coloro che tornavano da Roma e le conchiglie che non contraddistinguevano solo quanti erano stati a Compostella, Ma che venivano anche utilizzate per bere alle fonti. Sulla credenza sono appoggiati un “rinfrescatoio” in coccio usato per raffreddare le bevande, e sette”orcioli”, cioè boccali di maiolica, Di misura decrescente, con al centro una “S” entro una raggiera, forse allusione a una locanda chiamata “del Sole”.
nella lunetta il rito è narrato secondo gli usi del tempo.
La salma - avvolta in una veste funebre bianca - viene calata, forse da un parente povero, nella fossa che si apre dinanzi ai gradini della chiesa. Un Buonomo ricompensa un mortuario che stringe gli alti ceri usati per il rito, mentre un sacerdote recita l’ufficio funebre.